domenica, febbraio 25, 2007

berto e consorte un auto di nori

(Riscrittura di Antonia A. del testo di Monica R.)

Esiste qualcosa di più normale che percorrere un'autostrada diritta da Bologna a Modena per raggiungere una combriccola di vecchi amici e far festa perché due di loro si sposano? Forse in una normale giornata d'inverno con la brina che copre i campi ancora addormentati, in compagnìa di un marito dal comportamento lineare, né muto né troppo loquace, adagiati sui sedili anatomici di una moderna e confortevole autovettura, può darsi. .. per tutti, ma non per me. Per cominciare, io non ho quel genere di marito e neanche quel genere di macchina. Niente di strano, s'intende, se la vecchia due cavalli che non ne può più, ogni tanto s'inceppa. Niente di strano se quella mattina di gennaio Giovanni, mio marito, mi chiede di prendere il volante con quella sua aria a mezzo tra l'imperioso e l'implorante che m'impedisce perfino di avere qualsiasi reazione di stizza. Lui , quasi mi avesse letto nel pensiero, si giustifica con la descrizione di una variante dei suoi infiniti quanto irrisolvibili acciacchi. - Oggi sento che sto per avere una delle mie coliche renali, forse più brutta del solito. Non ce la faccio a stare in piedi e nemmeno a guidare.- Dice lui con aria afflitta. Se dovessi prenderlo alla lettera non mi muoverei mai di casa e cercherei di stipulare un contratto vantaggioso con la Croce Rossa per l'uso a tempo indeterminato delle sue ambulanze. Non importa se io sono leggermente incinta e soggetta a improvvise nausee, no, perché solo lui può essere malato e poi, se glielo faccio notare, è capace di rispondermi " Quando mai la condizione di gravida è stata considerata una malattia?" Il suo esaurimento nervoso combinato con la storia del rene mobile, invece, è una specie di vaccinazione contro qualsiasi tentazione altruistica .Di tutta questa storia, quello che m'infastidisce di più è che io devo sempre lasciare a lui la parte dell'incompreso ed è anche vero che, oltre al fastidio, io provo un'autentica pena per la sua sofferenza che c'è, non è inventata. Con tutti questi pensieri addosso, mi sobbarco così mio malgrado il carico del vecchio macinino. E' già un sacco di tempo che la spia della benzina non funziona e questo, già di per sé, mi mette in ansia, così preferisco riempire il serbatoio onde evitare di rimanere a secco. Io cerco di prevenire, dove posso, ma non è mai abbastanza, i guai mi si appiccicano addosso come le mosche alla carta moschicida. Concentrata sulla guida, diretta al raccordo autostradale, non posso fare a meno di avvertire, anche se in realtà non lo vedo, lo sguardo indagatore di Giovanni . Le sue pupille a capocchia di spillo mi trapassano il profilo come una stilettata per andare oltre, a guardare il cruscotto senza vita, e dirmi poi ancora una volta che lui sta male e non può farsi carico anche delle pietose condizioni di una macchina che io mi ostino a non far rottamare e nemmeno a portare da un buon meccanico, cosa assai più facile che trovare un buon dottore. - Tuttavia, malgrado tutto, è partita!- Dico io con evidente stizza. Lui ritorna di profilo come prima e assume un' aspetto di sfinge o, forse, di bambino con il broncio, che è il suo solito modo di non risolvere i problemi. Tutto questo avviene prima del "fattaccio" che cambierà mio malgrado il corso delle cose, lasciandomi completamente diversa da come ero partita. L'autostrada sembra fatta apposta per trasformare in nevrotiche-ossessive anche le persone più normali. Intanto ti stravolge il senso dell'orientamento eliminando qualsiasi punto di riferimento ordinario. Scompaiono le case, gli alberi vengono schiacciati lontano sulla linea dell'orizzonte, la presenza umana è come risucchiata via dalla striscia grigia d'asfalto, il ciglio della strada diventa una corsia d'emergenza e già il nome t'induce a pensare all'infinita varietà di cose che ti potrebbero capitare. Poi, se davvero ti capita qualcosa, a chi puoi chiedere aiuto? Al posto di qualcuno c'è sempre qualcosa, come le colonnine dell'esseoesse. Io le guardavo sempre con terrore, perché non le avevo mai adoperate e mi chiedevo ·se, parlando al telefono, qualcuno mi avrebbe risposto e, se sì, cosa dovevo dirgli? Ero sicura di potergli indicare il punto esatto in cui mi trovavo o, nel panico, avrei dimenticato perfino il tratto autostradale che stavo percorrendo? Il dubbio, quel giorno mi venne malauguratamente risolto nel giro di pochi minuti che mi sarebbero sembrati eterni. Infatti la mia "vecchia", a neanche cinque minuti dall'ingresso in autostrada, decise improvvisamente di fermarsi borbottando qualcosa con scoppiettìi e mandando lampeggi strani dal cruscotto improvvisamente resuscitato. Ebbi a malapena il tempo d'infilarmi nella corsia d'emergenza. Poi, a macchina ferma, mi accorsi che uno strano silenzio avvolgeva lo spazio intorno a me. Qualcosa d'irreale dentro la due cavalli si sommava all'irrealtà dell'autostrada. Mi girai di scatto verso Giovanni. Da quanto tempo non parlava? Mi ricordai di avergli sentito dire "Maria, mi butto un po' giù il sedile per dormire, chiamami quando siamo arrivati.", cosa che avevo preso con un certo sollievo, dato il muso che mi teneva. E poi basta. Lo toccai e, con un terribile presentimento, lo chiamai ripetutamente non potendo fare a meno di notare l'immobilità del suo viso pallidissimo. Quando gli diedi un spinta leggera per farlo risvegliare, il suo corpo pesante si piegò tutto sulla destra andando contro la portiera con un rumore sordo. Allora dalla mia bocca uscì un urlo così forte da spaccarmi il torace e sentìi il mio corpo agire da solo come animato da una forza che non mi apparteneva. Mi vedevo andare alla ricerca del primo esseoesse e non c'era nessuna cornetta del telefono, ma due pulsanti, uno con il disegno del carro attrezzi, l'altro con il disegno dell'ambulanza, e io dovevo schiacciarli tutt'e due. Lo feci, e automaticamente le mie gambe mi riportarono al punto di partenza, dove sapevo che avrei trovato nella mia macchina un cadavere che non volevo vedere. Arrivarono quasi contemporaneamente l'ambulanza e il carro attrezzi, anzi il carro appena prima, e io avrei quasi abbracciato l'uomo del soccorso anche se era un perfetto estraneo, un ornino piccolo con la tuta gialla e blù. - Se lo vedessi passare per strada in mezzo alla gente, lui vestito senza la divisa e io che vado al lavoro come ogni santo giorno, noterei soltanto che ha un brutto tipo di calvizie, di quella a chiazze che non ci puoi fare neanche il riporto.- Mi scoprii a pensare nel bel mezzo della tragedia, perché io faccio la parrucchiera e di queste cose me n'intendo.