sabato, febbraio 17, 2007

mozzi scritto con lo stile di caron

(compito del primo incontro. riscrittura di Paola B.)

Virgilio era andato alla Messa come tutte le mattine, alle sette e mezza. Non era molto entusiasta, visto le bigotte che usualmente frequentavano la chiesa il mattino presto. Era agitato? Non si sa bene ma, mentre raggiungeva il sagrato, pieno di sole e di colori primaverili, rifletteva su quello che stava per succedere. O non rifletteva? Chissà, non è stato mai ben chiaro quello che attraversava la sua mente, quella mattina di maggio. Era entrato in sacrestia mentre Don Mario si toglieva i paramenti: tonaca nera con stola dorata, perfettamente lucida e stirata da qualche parrocchiana. E proprio con la cotta era riuscito a fermarlo mentre si dibatteva, ficcandogliela in bocca per zittirlo e, ovviamente, soffocarlo. Era morto così, Don Mario, perché aveva cercato di reagire, sorpreso e disperato, smaniando e sbracciandosi. Ma lui aveva premuto forte quelle sue mani su quella bocca, mani tozze ma accuratamente curate su una bocca un po' sdentata di un vecchio parroco di paese. Era un brav'uomo, Don Mario, e aveva sempre fatto del suo meglio per aiutare chi ne aveva bisogno. O chi diceva di averne bisogno. Mentre portava a termine la sua impresa, Virgilio rifletteva sulla reazione di chi avrebbe potuto entrare da un momento all'altro. Non sarebbe stato difficile inventare una versione diversa. Avrebbe spiegato che Don Mario aveva avuto un malore, lui era arrivato a dargli una mano, gli era crollato tra le braccia, e lui era agitato e spaventato, la cotta gli stava intralciando i movimenti, non riusciva a gestire la tragedia che stava compiendosi.
Sulla scrivania in legno chiaro, forse una donazione di qualche fedele, carte, ampolle e un vasetto di fiori, contrastavano con il monitor del PC, che Don Mario non avrebbe mai imparato a gestire. Anziano com'era, sarebbe stato ben difficile per lui entrare in quel mondo sconosciuto. Infatti il computer era lì da settimane, in attesa che qualcuno lo trasferisse in segreteria ad aiutare chi trafficava ancora con la vecchia Olivetti. Certo, in questo suo riflettere Virgilio metteva in conto anche che Don Mario avrebbe potuto non morire, avrebbe potuto parlare e raccontare di quel giovane che era entrato, freddo e determinato, e l'aveva colpito, dentro la sacrestia piena di luce. Ma si sa, quando al cervello non affluisce l'ossigeno, anche per pochi minuti, non è difficile che amnesie e confusioni mettano in difficoltà l'esposizione discorsiva, se non addirittura la parola. Non c'era da preoccuparsi quindi. Avrebbe avuto un bel po' di tempo prima che la polizia e i parrocchiani facessero scattare la molla dei sospetti. Sarebbe stato davvero tragico farsi trovare lì, con le mani a chiudere il respiro di Don Mario, a fare il gioco di tutta quella stupida gente che gode delle disgrazie altrui, che assapora sofferenze e infila il naso in situazioni di pericolo, per il solo gusto di partecipare alla fiction. E sì, perché ormai tutto è fiction, abituati come siamo alla televisione che, attraverso il suo schermo subdolo e incurante delle nostre sensibilità, ci propina quotidianamente treni che deragliano in sperdute campagne e aerei che esplodono su piatti mari degli oceani o sui tetti di casette o terrazzi di grattacieli, sparpagliando gambe sanguinanti e pupazzi inceneriti, cercando di commuoverci al pensiero di qualche piccolo bambino bruciato nella catastrofe. Quello schermo che ci ha ormai abituati a non emozionarci più, trasformando in fiction ogni piccolo o grande o grandissimo episodio, a non piangere più mentre sullo schermo scorrono immagini di fiumi in piena, di tronchi che trascinano e distribuiscono morte, a ironizzare e ridacchiare di quelle giovani africane, dalla pelle levigata e dai capelli crespi nascosti sotto improbabili parrucche di lucido nylon, di colore biondo o rosso, a far da corolla a quel viso malinconico o più spesso disperato verso il mondo. Come l'etiope sempre vicino al nostro portone. Fiction. Il nostro mondo, le nostre vite trasformate in ridicole e tragiche fiction.