situazione II
“Quando sfondarono la porta l’uomo era in cucina che mangiava, e nell’aria c’era odore di fritto:”
Era circa l’una del pomeriggio e la prima cosa che colpì Bartolomeo era proprio quel profumo di cibo. Quella era la sua prima azione sul campo, la prima volta in cui si sentiva davvero poliziotto.
Dopo mesi passati a raccogliere denunce, redigere verbali e ancora più spesso fare fotocopie, finalmente il Commissario l’aveva voluto nella sua squadra per andare a stanare il presunto uxoricida a casa sua.
Era eccitato, emozionato. Aveva immaginato e sognato da mesi il momento in cui finalmente sarebbe stato un poliziotto a tutti gli effetti, uno di quelli che va in giro a combattere il crimine. Espressione questa che lo faceva sorridere, gli ricordava i robot dei cartoni animati. Ma era quello ciò che voleva. Fronteggiare gente pericolosa, garantire il rispetto della legge.
E nonostante tutto questo, in quei primi secondi di uomo d’azione, Bart, sentiva solamente il suo stomaco reagire a quel profumo che usciva dalla cucina ricordandogli che non aveva pranzato.
Era impossibile che i suoi colleghi potessero aver sentito il brontolio della sua pancia, ma provò ugualmente un terribile senso di disagio e di vergogna.
No, non era così che aveva immaginato quel momento ma il profumo che proveniva dalla cucina, gli aveva fatto saltare tutti gli schemi.
Un profumo che lo riportava indietro, nella sua Benevento, quando tornava da scuola e trovava la mamma ai fornelli, intenta a soffriggere le cipolle. Ecco, sì, era proprio un soffritto di cipolle e forse di prezzemolo…
Gli parve di vederla davvero la sua mamma asciugarsi le mani sul grembiule.
“Vai a lavarti le mani, a tavola! Due minuti ed è pronto! Tutto bene a scuola? Come è andato il compito? Dov’è tua sorella?”
E’ incredibile come in pochi secondi la mente umana riesca ad elaborare così tante immagini, riesca a trasportarti in un altro tempo.
“Che cazzo stai lì impalato, Bart! Muoviti!”
Venne bruscamente riportato alla realtà dai suoi compagni di squadra, che con la pistola stretta tra le mani, erano pronti a fronteggiare qualsiasi reazione fosse stato capace di avere quell’uomo.
“Chissà se anche loro hanno le mani sudate” si ritrovò a pensare Bartolomeo – “o se invece ci si abitua anche a questo.”
Si sentiva impacciato e fuori luogo a camminare circospetto fino alla cucina. Gli sembravano estremamente più credibili gli attori dei film d’azione americani o addirittura quelli delle fiction italiane di Carabinieri e Distretti vari…
“Non ti muovere brutto figlio di puttana!”
Bartolomeo si piazzò davanti alla porta della cucina, tenendo sotto tiro l’uomo che, indifferente, rimase seduto. Impassibile agli uomini che avevano buttato giù la porta di casa sua e che ora gli stavano puntando contro, tutti, la propria pistola.
La televisione era accesa, il Tg 5 stava trasmettendo i titoli con un volume troppo alto.
La finestra aperta sul poggiolo lasciava entrare un caldo sole proprio alle spalle dell’uomo.
Questi alzò un secondo il viso nella direzione delle voci dei poliziotti, poi, senza alcuna espressione, tornò a guardare nel suo piatto e quindi la tv.
Starnutì (e Bartolomeo fu quasi sul punto di gettarsi a terra ed iniziare a sparare), si asciugò la mano sulla canottiera bianca che indossava, unico indumento insieme alla mutande, quindi si versò dal bottiglione sul tavolo un bicchiere di vino rosso e se lo buttò in bocca, bocca che era ancora piena del boccone che aveva appena preso.
Era un uomo come tanti, che aveva passato i quaranta ma che ai cinquanta ancora non era arrivato. I capelli radi sulle tempie e dietro la testa erano invece portati più lunghi ai lati, forse in un improbabile tentativo di coprire la calvizie. La barba pareva essere incolta da un paio di giorni.
Sulle spalle lasciate nude dalla canottiera, peli neri e bianchi, così come sul collo e sul petto, mentre la canotta tirava un po’ troppo nella zona della pancia.
Una sola ciabatta ai piedi, Bart notò la seconda, non sapeva se fosse la destra o la sinistra, incastrata sotto la finestra del poggiolo, forse nel tentativo di non farla sbattere.
“Ancora morti sulle strade del sabato sera…”. Il Tg andava avanti nel suo elenco di titoli che parevano essere un bollettino di guerra.
La tavola era senza la tovaglia di stoffa, soltanto una di quelle di plastica che si usano per evitare che il legno si sporchi, di quelle impermeabili con qualche bizzarro disegno di fiori o semplicemente dei quadrati colorati.
A Bartolomeo i secondi sembravano eterni, si guardava intorno in quella cucina focalizzando l’attenzione su ogni singolo particolare, senza tuttavia distogliere lo sguardo dall’uomo.
Si sentiva come se fosse al cinema davanti allo schermo, mentre le telecamera si spostava lentamente di 360 gradi.
L’uomo prese un pezzo di pane, briciole intorno, lo usò per accompagnare gli ultimi bocconi del piatto quindi fece scarpetta nel sughetto e lo mangiò con indifferenza.
Bartolomeo lo guardò e si chiese se fingesse indifferenza o se davvero intorno a lui non vedesse niente, se la sua mente avesse operato un totale distacco, un’alienazione dal presente.
Lo fissò e non riuscì a realizzare che aveva da poco ucciso la propria moglie.
Provava quasi un senso di simpatia per quell’uomo che pranzava, solo nella propria cucina, come se lì intorno non ci fossero poliziotti con le armi puntate su di lui.
“Caldo record in Italia. Toccate le punte più alte degli ultimi 50 anni. I consigli degli esperti per non farsi sorprendere..”
“Bart, non staccargli gli occhi di dosso un solo secondo. Noi intanto diamo un’occhiata in giro”.
Erano entrati quasi tutti ormai ed ognuno iniziò a frugare in giro, a controllare.
Uno di questi si avvicinò al frigo, un alto Indesit bianco che come in sempre più case avviene, era riempito sul davanti di piccole calamite dalle più diverse forme: la tour Effeil, una bambolina, l’hamburger, l’uovo fritto, molte delle quali sorreggevano dei biglietti, semplici appunti o volantini di pizza a domicilio o del ristorante cinese, di quelli con il numero di telefono bello grande sul davanti, così da indurre ancora più facilmente a chiamare quelle sere in cui non si ha nessuna voglia di cucinare.
C’erano anche un paio di fotografie e degli scontrini.
Aprì quindi lo sportello del frigo e “Cazzo, no!” furono le sole parole che riuscì a pronunciare prima di correre fuori con una mano sulla bocca per cercare di respingere ciò che dal fondo dello stomaco gli stava salendo.
“Ma che…” si avvicinò un secondo poliziotto scontrato dalla foga del primo mentre scappava fuori.
Anche gli altri si avvicinarono così al frigo e quello che videro suscitò in loro la stessa reazione del primo che aveva aperto lo sportello.
Conati di vomito che non tutti riuscirono a reprimere alla vista di un piatto su cui erano ordinatamente posati un naso, un orecchio, due occhi. Pezzi di un viso, pezzi di un corpo umano.
“Lurido pezzo di merda! Bastardo!” fu quello che ebbe il tempo di gridare uno dei poliziotti prima di doversi voltare anche lui per ricacciare in gola il gusto acido del vomito che aveva in bocca.
Bartolomeo non vedeva, da dove si trovava, l’interno del frigo e forse preferiva così. Lui doveva soltanto controllare che il “lurido pezzo di merda” non si muovesse, non tentasse di fare una mossa improvvisa.
Non si concesse il lusso di pensare, né si soffermò sulle reazioni dei suoi colleghi.
Era la sua prima azione. Tutto era nuovo per lui e gli era stato detto di tenere sotto tiro l’uomo. Punto e basta.
Per ultimo entrò il commissario.
Lo fece con il suo incedere lento, come sempre. Come se tutto intorno a lui non lo riguardasse, almeno da principio.
Camminava con la stessa flemma con cui ragionava, attento alle sfumature, senza la fretta di una corsa, perché come amava ripetere spesso “chi corre perde la bellezza del particolare”.
Amava molto le passeggiate a piedi, disdegnava la corsa anche al di là quindi della sua metafora.
Camminare lo rilassava, gli permetteva di mettere ordine nei suoi pensieri, di ritrovare elementi che la fretta avrebbe potuto nascondere e forse cancellare.
Per questo anche in macchina preferiva sempre mettersi dalla parte del passeggero.
Amava potersi guardare intorno, cogliere il contadino al lavoro, lo stormo di uccelli nel cielo, la faccia dell’automobilista di fianco.
Tutti particolari che con gli occhi puntati sulla strada si perdono.
Ed aveva anche la capacità di registrare tutto ciò che vedeva per poterlo poi richiamare alla memoria in qualsiasi momento. Aveva sempre posseduto un’eccezionale memoria fotografica, una virtù questa, che in diverse occasioni nel passato lo aveva portato a capo di situazioni assai intricate.
Forse non era il migliore nel condurre un interrogatorio.
Forse non era neppure il migliore nel motivare la propria squadra o nel saper gestire le situazioni.
Ma nessuno sapeva estrapolare da un luogo, da una scena, tanti piccoli ed agli occhi dei più insignificanti, particolari quanto lui per poi poterli riordinare al momento giusto.
Entrò quindi in cucina, l’uomo aveva smesso di mangiare e fissava con sguardo privo di espressione la televisione che il commissario spense con il telecomando.
La sguardo dell’uomo non si spostò, rimase a guardare lo schermo farsi nero e riflettere le ombre delle persone nella sua cucina.
Il Commissario si diresse verso il frigo, uno degli uomini della sua squadra lo guardò un secondo, indeciso se avvertirlo di ciò che avrebbe trovato aprendolo o lasciarlo fare e basta.
Lo fissò un secondo con un espressione di disgusto, come a dirgli “si prepari, Commissario”.
Questi, tirò su pesantemente con il naso, un’abitudine che aveva fin da ragazzo e che aveva finito con l’irritare chiunque avesse a che fare con lui al di fuori del lavoro.
A dire il vero, anche al Comando nessuno sopportava questa sua pessima abitudine, ma era sicuramente peggio per chi passava del tempo con lui per scelta propria…
Aprì il frigo ed iniziò ad esaminarne l’interno, senza mutare espressione, senza concedersi il lusso di una sola smorfia di disgusto.
Spostò la testa da un lato, poi dall’altro, come chi rientrato in casa alla sera cerca quell’ultima fetta di torta che era sicuro di aver lasciato dietro il cartone del latte.
“Esposito, voglio che nessuno tocchi niente fino all’arrivo della scientifica”
“Sì, Signor Commissario”. Ormai nessuno si stupiva più della sua capacità di tenere a freno le reazioni.
“Fate solo sparire tutte le tracce del vostro vomito. Se quelli della scientifica le trovano qui ci prendono per il culo per i prossimi vent’anni.”
“Sì, Signor Commissario. Certo che però non si possono biasimare gli uomini, aprire un frigo e trovare tutti gli organi di una donna accuratamente sistemate in piatti e pronti per essere cucinati…”
“Tutti gli organi di una donna accuratamente sistemati in piatti e pronti per essere cucinati…” quelle parole risuonarono ancora più cupe nella testa di Bartolomeo, l’unico a non aver ancora dato neppure una sbirciata all’interno del frigo. Ripensò al profumo appena entrato, al suo stomaco che quasi lo invitava a sedersi al tavolo e mangiare e poi ripensò ancora alle parole del suo collega.
Un crampo improvviso alla base dello stomaco lo fece piegare in due e vomitò pensando che aveva fantasticato sul profumo di quel cibo. Profumo di carne umana.
“Appunto”. disse aspirando forte con il naso il Commissario, iniziando a guardarsi intorno in quella cucina, a modo suo.
Era circa l’una del pomeriggio e la prima cosa che colpì Bartolomeo era proprio quel profumo di cibo. Quella era la sua prima azione sul campo, la prima volta in cui si sentiva davvero poliziotto.
Dopo mesi passati a raccogliere denunce, redigere verbali e ancora più spesso fare fotocopie, finalmente il Commissario l’aveva voluto nella sua squadra per andare a stanare il presunto uxoricida a casa sua.
Era eccitato, emozionato. Aveva immaginato e sognato da mesi il momento in cui finalmente sarebbe stato un poliziotto a tutti gli effetti, uno di quelli che va in giro a combattere il crimine. Espressione questa che lo faceva sorridere, gli ricordava i robot dei cartoni animati. Ma era quello ciò che voleva. Fronteggiare gente pericolosa, garantire il rispetto della legge.
E nonostante tutto questo, in quei primi secondi di uomo d’azione, Bart, sentiva solamente il suo stomaco reagire a quel profumo che usciva dalla cucina ricordandogli che non aveva pranzato.
Era impossibile che i suoi colleghi potessero aver sentito il brontolio della sua pancia, ma provò ugualmente un terribile senso di disagio e di vergogna.
No, non era così che aveva immaginato quel momento ma il profumo che proveniva dalla cucina, gli aveva fatto saltare tutti gli schemi.
Un profumo che lo riportava indietro, nella sua Benevento, quando tornava da scuola e trovava la mamma ai fornelli, intenta a soffriggere le cipolle. Ecco, sì, era proprio un soffritto di cipolle e forse di prezzemolo…
Gli parve di vederla davvero la sua mamma asciugarsi le mani sul grembiule.
“Vai a lavarti le mani, a tavola! Due minuti ed è pronto! Tutto bene a scuola? Come è andato il compito? Dov’è tua sorella?”
E’ incredibile come in pochi secondi la mente umana riesca ad elaborare così tante immagini, riesca a trasportarti in un altro tempo.
“Che cazzo stai lì impalato, Bart! Muoviti!”
Venne bruscamente riportato alla realtà dai suoi compagni di squadra, che con la pistola stretta tra le mani, erano pronti a fronteggiare qualsiasi reazione fosse stato capace di avere quell’uomo.
“Chissà se anche loro hanno le mani sudate” si ritrovò a pensare Bartolomeo – “o se invece ci si abitua anche a questo.”
Si sentiva impacciato e fuori luogo a camminare circospetto fino alla cucina. Gli sembravano estremamente più credibili gli attori dei film d’azione americani o addirittura quelli delle fiction italiane di Carabinieri e Distretti vari…
“Non ti muovere brutto figlio di puttana!”
Bartolomeo si piazzò davanti alla porta della cucina, tenendo sotto tiro l’uomo che, indifferente, rimase seduto. Impassibile agli uomini che avevano buttato giù la porta di casa sua e che ora gli stavano puntando contro, tutti, la propria pistola.
La televisione era accesa, il Tg 5 stava trasmettendo i titoli con un volume troppo alto.
La finestra aperta sul poggiolo lasciava entrare un caldo sole proprio alle spalle dell’uomo.
Questi alzò un secondo il viso nella direzione delle voci dei poliziotti, poi, senza alcuna espressione, tornò a guardare nel suo piatto e quindi la tv.
Starnutì (e Bartolomeo fu quasi sul punto di gettarsi a terra ed iniziare a sparare), si asciugò la mano sulla canottiera bianca che indossava, unico indumento insieme alla mutande, quindi si versò dal bottiglione sul tavolo un bicchiere di vino rosso e se lo buttò in bocca, bocca che era ancora piena del boccone che aveva appena preso.
Era un uomo come tanti, che aveva passato i quaranta ma che ai cinquanta ancora non era arrivato. I capelli radi sulle tempie e dietro la testa erano invece portati più lunghi ai lati, forse in un improbabile tentativo di coprire la calvizie. La barba pareva essere incolta da un paio di giorni.
Sulle spalle lasciate nude dalla canottiera, peli neri e bianchi, così come sul collo e sul petto, mentre la canotta tirava un po’ troppo nella zona della pancia.
Una sola ciabatta ai piedi, Bart notò la seconda, non sapeva se fosse la destra o la sinistra, incastrata sotto la finestra del poggiolo, forse nel tentativo di non farla sbattere.
“Ancora morti sulle strade del sabato sera…”. Il Tg andava avanti nel suo elenco di titoli che parevano essere un bollettino di guerra.
La tavola era senza la tovaglia di stoffa, soltanto una di quelle di plastica che si usano per evitare che il legno si sporchi, di quelle impermeabili con qualche bizzarro disegno di fiori o semplicemente dei quadrati colorati.
A Bartolomeo i secondi sembravano eterni, si guardava intorno in quella cucina focalizzando l’attenzione su ogni singolo particolare, senza tuttavia distogliere lo sguardo dall’uomo.
Si sentiva come se fosse al cinema davanti allo schermo, mentre le telecamera si spostava lentamente di 360 gradi.
L’uomo prese un pezzo di pane, briciole intorno, lo usò per accompagnare gli ultimi bocconi del piatto quindi fece scarpetta nel sughetto e lo mangiò con indifferenza.
Bartolomeo lo guardò e si chiese se fingesse indifferenza o se davvero intorno a lui non vedesse niente, se la sua mente avesse operato un totale distacco, un’alienazione dal presente.
Lo fissò e non riuscì a realizzare che aveva da poco ucciso la propria moglie.
Provava quasi un senso di simpatia per quell’uomo che pranzava, solo nella propria cucina, come se lì intorno non ci fossero poliziotti con le armi puntate su di lui.
“Caldo record in Italia. Toccate le punte più alte degli ultimi 50 anni. I consigli degli esperti per non farsi sorprendere..”
“Bart, non staccargli gli occhi di dosso un solo secondo. Noi intanto diamo un’occhiata in giro”.
Erano entrati quasi tutti ormai ed ognuno iniziò a frugare in giro, a controllare.
Uno di questi si avvicinò al frigo, un alto Indesit bianco che come in sempre più case avviene, era riempito sul davanti di piccole calamite dalle più diverse forme: la tour Effeil, una bambolina, l’hamburger, l’uovo fritto, molte delle quali sorreggevano dei biglietti, semplici appunti o volantini di pizza a domicilio o del ristorante cinese, di quelli con il numero di telefono bello grande sul davanti, così da indurre ancora più facilmente a chiamare quelle sere in cui non si ha nessuna voglia di cucinare.
C’erano anche un paio di fotografie e degli scontrini.
Aprì quindi lo sportello del frigo e “Cazzo, no!” furono le sole parole che riuscì a pronunciare prima di correre fuori con una mano sulla bocca per cercare di respingere ciò che dal fondo dello stomaco gli stava salendo.
“Ma che…” si avvicinò un secondo poliziotto scontrato dalla foga del primo mentre scappava fuori.
Anche gli altri si avvicinarono così al frigo e quello che videro suscitò in loro la stessa reazione del primo che aveva aperto lo sportello.
Conati di vomito che non tutti riuscirono a reprimere alla vista di un piatto su cui erano ordinatamente posati un naso, un orecchio, due occhi. Pezzi di un viso, pezzi di un corpo umano.
“Lurido pezzo di merda! Bastardo!” fu quello che ebbe il tempo di gridare uno dei poliziotti prima di doversi voltare anche lui per ricacciare in gola il gusto acido del vomito che aveva in bocca.
Bartolomeo non vedeva, da dove si trovava, l’interno del frigo e forse preferiva così. Lui doveva soltanto controllare che il “lurido pezzo di merda” non si muovesse, non tentasse di fare una mossa improvvisa.
Non si concesse il lusso di pensare, né si soffermò sulle reazioni dei suoi colleghi.
Era la sua prima azione. Tutto era nuovo per lui e gli era stato detto di tenere sotto tiro l’uomo. Punto e basta.
Per ultimo entrò il commissario.
Lo fece con il suo incedere lento, come sempre. Come se tutto intorno a lui non lo riguardasse, almeno da principio.
Camminava con la stessa flemma con cui ragionava, attento alle sfumature, senza la fretta di una corsa, perché come amava ripetere spesso “chi corre perde la bellezza del particolare”.
Amava molto le passeggiate a piedi, disdegnava la corsa anche al di là quindi della sua metafora.
Camminare lo rilassava, gli permetteva di mettere ordine nei suoi pensieri, di ritrovare elementi che la fretta avrebbe potuto nascondere e forse cancellare.
Per questo anche in macchina preferiva sempre mettersi dalla parte del passeggero.
Amava potersi guardare intorno, cogliere il contadino al lavoro, lo stormo di uccelli nel cielo, la faccia dell’automobilista di fianco.
Tutti particolari che con gli occhi puntati sulla strada si perdono.
Ed aveva anche la capacità di registrare tutto ciò che vedeva per poterlo poi richiamare alla memoria in qualsiasi momento. Aveva sempre posseduto un’eccezionale memoria fotografica, una virtù questa, che in diverse occasioni nel passato lo aveva portato a capo di situazioni assai intricate.
Forse non era il migliore nel condurre un interrogatorio.
Forse non era neppure il migliore nel motivare la propria squadra o nel saper gestire le situazioni.
Ma nessuno sapeva estrapolare da un luogo, da una scena, tanti piccoli ed agli occhi dei più insignificanti, particolari quanto lui per poi poterli riordinare al momento giusto.
Entrò quindi in cucina, l’uomo aveva smesso di mangiare e fissava con sguardo privo di espressione la televisione che il commissario spense con il telecomando.
La sguardo dell’uomo non si spostò, rimase a guardare lo schermo farsi nero e riflettere le ombre delle persone nella sua cucina.
Il Commissario si diresse verso il frigo, uno degli uomini della sua squadra lo guardò un secondo, indeciso se avvertirlo di ciò che avrebbe trovato aprendolo o lasciarlo fare e basta.
Lo fissò un secondo con un espressione di disgusto, come a dirgli “si prepari, Commissario”.
Questi, tirò su pesantemente con il naso, un’abitudine che aveva fin da ragazzo e che aveva finito con l’irritare chiunque avesse a che fare con lui al di fuori del lavoro.
A dire il vero, anche al Comando nessuno sopportava questa sua pessima abitudine, ma era sicuramente peggio per chi passava del tempo con lui per scelta propria…
Aprì il frigo ed iniziò ad esaminarne l’interno, senza mutare espressione, senza concedersi il lusso di una sola smorfia di disgusto.
Spostò la testa da un lato, poi dall’altro, come chi rientrato in casa alla sera cerca quell’ultima fetta di torta che era sicuro di aver lasciato dietro il cartone del latte.
“Esposito, voglio che nessuno tocchi niente fino all’arrivo della scientifica”
“Sì, Signor Commissario”. Ormai nessuno si stupiva più della sua capacità di tenere a freno le reazioni.
“Fate solo sparire tutte le tracce del vostro vomito. Se quelli della scientifica le trovano qui ci prendono per il culo per i prossimi vent’anni.”
“Sì, Signor Commissario. Certo che però non si possono biasimare gli uomini, aprire un frigo e trovare tutti gli organi di una donna accuratamente sistemate in piatti e pronti per essere cucinati…”
“Tutti gli organi di una donna accuratamente sistemati in piatti e pronti per essere cucinati…” quelle parole risuonarono ancora più cupe nella testa di Bartolomeo, l’unico a non aver ancora dato neppure una sbirciata all’interno del frigo. Ripensò al profumo appena entrato, al suo stomaco che quasi lo invitava a sedersi al tavolo e mangiare e poi ripensò ancora alle parole del suo collega.
Un crampo improvviso alla base dello stomaco lo fece piegare in due e vomitò pensando che aveva fantasticato sul profumo di quel cibo. Profumo di carne umana.
“Appunto”. disse aspirando forte con il naso il Commissario, iniziando a guardarsi intorno in quella cucina, a modo suo.
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